Caro Marco Polo,
Ciao da Venezia!
Questa non ĆØ la prima volta che visito la tua cittĆ natale, ma questa volta ho deciso di fermarmi piĆ¹ a lungo. Se, da una parte, i miei primi 10 giorni passati in quarantena per via della pandemia globale sono stati molto difficili, dallāaltra, quel periodo di isolamento mi ha dato il tempo di rivalutare le cose e godermi la lettura del famoso resoconto del tuo viaggio attraverso lāAsia scritto dal tuo amico Rustichello da Pisa sulla base delle memorie che condividesti con lui durante il vostro periodo di prigionia a Genova. Sono rimasto meravigliato dai tuoi racconti e di scoprire che il libro venne tradotto in numerose lingue europee mentre eri ancora in vita. Sebbene il libro sia universalmente noto con il titolo I viaggi di Marco Polo, alcune delle prime edizioni si possono trovare con il titolo La descrizione del mondo, che ricalca piĆ¹ fedelmente quello originale in lingua franco-veneta Devisement du Monde. Sin dalla sua prima pubblicazione, in tanti si sono chiesti se avessi realmente visitato tutti quei posti o se avessi riportato semplicemente ciĆ² che ti avevano raccontato altri viaggiatori. E cāĆØ stato persino chi ha avanzato lāipotesi che il titolo italiano, II Milione, facesse riferimento al numero di bugie contenute nel libro. In ogni caso, quello che ĆØ certo ĆØ che i tuoi racconti sono stati fonte di ispirazione per molti viaggiatori e che la tua fama come pioniere ed esploratore del mondo ĆØ ancora intatta dopo oltre 700 anni.
Il mio viaggio
In qualitĆ di artista che realizza opere spesso basate sui propri viaggi, vorrei condividere con te alcune delle mie esperienze. Anche se non ho un milione di storie da raccontare come te, in questa lettera intendo riportare le mie riflessioni personali sul mondo diviso dei nostri giorni, insieme ad alcuni aneddoti che mi hanno raccontato le persone che ho conosciuto durante questo viaggio.
Prima di iniziare il mio racconto, vorrei dirti che ora viviamo nel XXI secolo. PiĆ¹ precisamente, nel 2021 (MMXXI). Mi chiamo Navin e sono un uomo dellāEst. Il mio paese natale ĆØ noto come il Regno di Thailandia, ma sulle mappe antiche ĆØ indicato come Siam. Ai tuoi tempi, faceva probabilmente parte di Suvarį¹abhÅ«mi, un toponimo presente in molte fonti letterarie antiche. Con questo termine, che significa Terra dāoro, veniva indicata una delle numerose terre oggi appartenenti alla regione geografica denominata Sudest asiatico. Dopo aver letto la tua storia, ritengo plausibile che tu abbia attraversato questa parte del mondo, sebbene non esistano prove che attestino che tu abbia effettivamente raggiunto uno dei Regni che a quel tempo governavano il mio paese natale. Sai, la capitale del mio paese natale ĆØ chiamata la Ā«Venezia dellāEstĀ». Voglio anche informarti che le origini della mia famiglia affondano nellāantica regione del Punjab indiano. Ho detto Ā«anticaĀ» perchĆ© il luogo di nascita dei miei avi ora appartiene a unāaltra nazione che si chiama Pakistan. Questo nuovo stato venne fondato 75 anni fa, quando la partizione del territorio della Grande India in seguito a una guerra civile, costrinse oltre 10 milioni di persone a spostarsi lungo linee religiose.
Le mie esperienze culinarie
Durante questo viaggio, ho avuto lāoccasione di conoscere diverse persone che sono emigrate a Venezia e molte di loro mi hanno detto che hanno lasciato la loro terra principalmente a causa della guerra. La prima persona con cui ho parlato ĆØ un uomo originario dellāAsia centrale e proprietario di alcuni ristoranti nel centro di Venezia. Quindici annifa, venne qui in compagnia di due amici per partecipare al Festival del Cinema di Venezia, una mostra dāarte cinematografica di fama internazionale che si tiene ogni anno. Ora probabilmente ti starai chiedendo che cosa sia il cinema. Diciamo che si puĆ² definire come lāequivalente moderno del teatro dei tuoi tempi. AllāetĆ di 25 anni, questāuomo arrivĆ² a Venezia con in mente solo il cinema, ma quando la situazione nel suo Paese natale iniziĆ² a peggiorare, decise di richiedere asilo. Alcuni anni dopo lāinizio della sua nuova vita a Venezia, il destino gli fece conoscere altri rifugiati originari di Paesi diversi con i quali decise di aprire un ristorante.
Il ristorante, chiamato Ā«Orient ExperienceĀ», offre un menĆ¹ basato sulla cucina tipica medio orientale, ma fortemente influenzato dalla vita personale e dalle diverse esperienze dei migranti che hanno viaggiato in Europa. Alcuni sono arrivati qui via terra, altri hanno attraverso mari burrascosi su piccole barche da pesca. Alcuni hanno impiegato un mese, altri anche piĆ¹ di un anno prima di arrivare qui. Durante questi viaggi pieni di insidie, tutti intrapresi con la speranza di un futuro migliore, ognuna di queste persone ha attraversato molti luoghi e confini prima di giungere a destinazione. Per creare il menĆ¹ del loro ristorante, si sono ispirati ai piatti locali assaggiati durante i loro viaggi, agli ingredienti utilizzati e al modo in cui la gente rivisitava le ricette originali. Non ĆØ solo un'esperienza orientale, dal momento che i padroni di questo ristorante possiedono anche una succursale chiamata Ā«Africa ExperienceĀ», in cui offrono un menĆ¹ ispirato alle loro esperienze come emigrati dallāAfrica. Ho avuto la possibilitĆ di provare i loro piatti in entrambi i ristoranti e la sensazione ĆØ stata quella di trovarmi davanti a un vero crogiolo di sapori ed esperienze condivise.
La mia esperienza culinaria ĆØ proseguita poi con un invito a un pranzo casalingo da parte di due signore veneziane presentatemi da un mio amico italiano. Sono entrambe ex insegnanti di scuola. La padrona di casa che mi ha invitato a pranzo ĆØ una madre single che si gode la sua pensione dedicandosi alla pittura, mentre la sua amica ĆØ una scrittrice. Il primo piatto veneziano che mi hanno preparato ĆØ stato il calamaro al nero di seppia. Nonostante alcuni cuochi aggiungano dei pomodori ciliegino, le due signore mi hanno precisato che la versione originale veneziana ĆØ rigorosamente nera! E nonostante dal colore non sembrasse molto appetitoso, in realtĆ il piatto era squisito. Per quanto riguarda la pasta, i veneziani prediligono i bigoli, originari del Veneto. Durante il pranzo, ho potuto assaggiarli per la prima volta. Questo tipo di pasta si differenzia dagli altri perchĆ© ĆØ preparato con una farina piĆ¹ grezza. Ć stata anche la prima volta che ho assaggiato quello che suppongo sia un tipo di crostaceo, ovvero la cicala di mare. Visto quanto ĆØ complicato cucinare quei piatti tradizionali, quel pranzo ĆØ stata unāesperienza culinaria molto speciale per me. Le due signore hanno invitato un paio di altri amici e abbiamo passato lāintero pomeriggio a mangiare e a condividere storie. Ho colto lāoccasione anche per mostrare qualche mia opera.
In quellāatmosfera cosƬ intima e accogliente, ho potuto assaggiare il dolce tradizionale della tua cittĆ , il famoso Pandoro o Ā«pane dāoroĀ». Mi hanno spiegato che era il dolce prediletto dai nobili veneziani del XIII secolo e che ancora oggi viene consumato in tutta Italia durante le festivitĆ natalizie. E anche se il Natale non era ancora alle porte, la padrona di casa ha voluto farmelo assaggiare, perchĆ© per lei era comunque unāoccasione speciale. Per tutti loro, quella ĆØ stata la prima festa della stagione. Tutti i commensali hanno apprezzato il dessert indiano che ho preparato per loro, ovvero del tĆØ speziato con il latte. Ho spiegato loro che ogni volta che preparo questo dessert tradizionale, penso sempre alla mia compianta mamma. E a come la sua vita ha ispirato la mia arte.
Una maglietta magica e il mio destino
Mentre cucinavo, ho avuto la possibilitĆ di svelare la storia della camicia che portavo quel giorno. Ć un capo di abbigliamento comune che noi del mondo moderno chiamiamo maglietta. Lāho riportata da un viaggio in Pakistan. In realtĆ , ĆØ unāopera dāarte donatami da un giovane artista indiano che si trovava lƬ per una mostra. Sul davanti, cāĆØ un disegno composto dalla parola āĀ»GujranwalaĀ», che ĆØ il luogo di nascita di mia madre e dei suoi familiari prima che emigrassero in Thailandia. Su questo disegno, cāĆØ stampato un cartello in lingua hindi e urdu, accompagnato da una frase in entrambe le lingue che significa Ā«Ć anche quiĀ». Ho saputo che oltre ad essere il nome di una cittĆ pakistana, Gujranwala ĆØ anche un quartiere suburbano della capitale dellāIndia. Attraverso la realizzazione di queste magliette, credo che lāartista intendesse creare un senso di appartenenza e unione che trascende ogni confine.
Da oltre dieci anni, questa maglietta fa parte del mio destino. Allāinizio, mi andava stretta, ma con il passare degli anni, ho perso un poā di peso e lāho portata con me a Dubai, una cittĆ fiorente del Medio Oriente, o Arabia, costruita in mezzo al deserto. Mentre passeggiavo per la cittĆ , una signora mussulmana ha esclamato indicando la mia maglietta: Ā«Ć la mia cittĆ natale!Ā». Sembrava felice e anche curiosa di sapere dove lāavessi presa, dato che la sua cittĆ natale non ĆØ una localitĆ famosa in cui si possono trovare souvenir per i turisti. Dopo averle raccontato la storia della mia maglietta, mi ĆØ venuta lāidea di creare una nuova opera dāarte. Per tutto il resto del mio viaggio alla scoperta di Dubai, ho continuato a indossarla ogni giorno. E proprio come speravo, mi ha aiutato a interagire con gli altri abitanti di Gujranwala. Grazie alla mia maglietta, ho fatto la conoscenza di alcuni punjabi e persone appartenenti a diverse comunitĆ dellāAsia meridionale. Attraverso i loro racconti, ho potuto apprendere le loro esperienze da emigranti e come sono finiti oggi a vivere in una metropoli cosƬ cosmopolita.
Ć passato qualche anno e la mia maglietta magica ĆØ diventata di nuovo troppo stretta, ma siccome ci sono molto affezionato, ho deciso di riprodurla in una scala piĆ¹ grande. Mi sono fatto fare altre copie della maglietta in modo da poterla indossare piĆ¹ spesso e regalarne qualcuna ai miei amici e alle persone che mi si avvicinavano incuriosite.
Circa tre anni fa, sono partito per Roma portando con me la mia nuova maglietta di Gujranwala. E anche in quella occasione, lāho indossata ogni giorno. Mentre girovagavo per la cittĆ capitale, sono stato avvicinato da un giornalista pakistano che vive in Italia da oltre 20 anni. Era felice di vedere che indossavo la maglietta di Gujranwala e anche lui ha esclamato: Ā«Ć la mia cittĆ natale!Ā». Siamo diventati subito amici e mi ha raccontato la storia degli indiani di questa parte del mondo. Sono piĆ¹ di dieci anni che conduco ricerche sulla diaspora indiana e questa nuova scoperta mi ha portato a conoscere piĆ¹ approfonditamente le comunitĆ dellāAsia meridionale che un tempo erano unite in un unico vasto territorio noto come il subcontinente indiano o Ā«La Grande IndiaĀ». Non sono sicuro di come veniva chiamata ai tuoi tempi ma si tratta di una regione peninsulare situata nellāAsia centro meridionale. Questa regione ĆØ definita anche come subcontinente asiatico, mentre il termine Asia meridionale ĆØ piĆ¹ usato in Europa e America del Nord.
Mi stavo dimenticando di dirti che durante lāultimo anno in cui non ĆØ stato possibile viaggiare allāestero, sono riuscito a dimagrire di nuovo e ora posso indossare la mia maglietta originale! Sicuramente con la cucina veneziana ho ripreso un poā di peso, ma sono sicuro che questo prezioso tesoro continuerĆ a guidare il mio destino anche nei miei prossimi viaggi.
A proposito di Desi e Khaek
Durante il mio viaggio a Roma, ho scoperto che gli europei utilizzano il termine Ā«desiĀ» per riferirsi alla diaspora e alle popolazioni, cultura e prodotti del subcontinente indiano o dellāAsia meridionale. Anche nella mia terra natia si usa un termine simile per riferirsi alle persone di origine indiana, ed ĆØ Ā«khaekĀ». Letteralmente, significa Ā«ospiteĀ» ma viene spesso usato con tono dispregiativo per indicare uno straniero. Da bambino, odiavo essere chiamato Ā«khaekĀ», anche se sono un cittadino tailandese e parlo fluentemente la lingua come la gente del posto. Questa esperienza mi ha fatto crescere con un senso di inferioritĆ e curiositĆ riguardo le mie origini e ha anche ispirato il mio lavoro da artista.
Dato che qui a Venezia ĆØ inverno, la maglietta di Gujranwala la indosso quasi sempre sotto la giacca. Ma ho conosciuto comunque delle persone che avevano lāaspetto di Ā«khaekĀ» e che non erano turisti. Alcune di queste lavoravano nei ristoranti o alberghi, altre vendevano souvenir per le strade. Durante la mia visita a Mestre, la terraferma di Venezia, ho conosciuto anche dei negozianti al mercato e nel centro della cittĆ . Girovagando per la cittĆ , il mio viso da Ā«khaekĀ» mi ha aiutato a relazionarmi con quei migranti e a condividere un senso di fratellanza! Immagino che, mentre attraversavi lāIndia, avrai incontrato questo genere di persone, vero? Come ti sei sentito quando ci hai visto per la prima volta?
Come una seconda casa
Anche le persone originarie del mio paese natio mi accolgono ogni volta che viaggio. Durante questo viaggio, una signora thailandese sposata con un veneziano si ĆØ gentilmente offerta di farmi da guida per la cittĆ di Venezia e mi ha persino presentato alcuni dei suoi amici tailandesi che vivono qui. La loro festa di benvenuto si ĆØ svolta in un ristorante cinese dove fanno unāanatra arrosto deliziosa! Sono sicuro che lāhai provato anche tu, ma dimmi la veritĆ : non ĆØ nulla in confronto ai piatti che hai assaggiato alla corte dellāimperatore Kublai Khan, vero? Ritornando alla mia terra natia, anche a noi piace mangiare cinese, ma i thailandesi hanno sempre bisogno di peperoncino, perciĆ² una di loro ha preparato del cibo speziato e lāha portato alla nostra festa. Lei ne ha preparato un poā anche per lo chef cinese. Ci siamo divertiti davanti a un drink e il proprietario del ristorante ci ha pure offerto una buona bottiglia di vino veneto. Alla festa si ĆØ poi aggiunto un uomo esiliato da un paese confinante con il mio. Non ha bevuto niente ma ha parlato a lungo. Penso che questo abbia a che fare con la cultura asiatica. Infatti, chiacchierare e fare pettegolezzi ci piace moltissimo. Suppongo che sia cosƬ anche nella tua cultura, dal momento che hai avuto un milione di storie da raccontare, vero? A proposito, il tuo libro in lingua thailandese si intitola Le meraviglie del mondo e un milione di pettegolezzi. Spero ti piaccia.
Altre curiositĆ culinarie...
A proposito di cibo, lo sapevi che cāĆØ chi sostiene che sia stato proprio tu a importare gli spaghetti dalla Cina in Italia? La leggenda vuole che lāorigine di questi fili sottili a base di acqua e farina discenda dai noodle cinesi; tuttavia, gli europei sostengono che la cultura della pasta si fosse giĆ diffusa nella regione del Mediterraneo tra gli antichi greci e poi i romani, secoli prima del tuo viaggio in Oriente. Gli stessi dubbi sono stati sollevati riguardo lāorigine della pizza; se alcuni sostengono che sia stata inventata dagli egizi, altri ritengono che derivi dal pane che le popolazioni indiane e arabe mangiavano da secoli. Trovo interessante quando scopro che un piatto che ho sempre considerato parte di una lunga tradizione culturale, in realtĆ deriva da qualcosāaltro. Questa ĆØ la dimostrazione che attraverso il cibo possiamo comprendere meglio le esperienze degli immigrati.
... E ora passiamo al vino!
Anche il vino puĆ² insegnarci qualcosa sullāimmigrazione. Una sera, il mio amico italiano mi ha portato in una piccola osteria lungo un canale. Mi ha spiegato che questo tipico locale in cui la gente puĆ² sorseggiare un bicchiere di vino accompagnato da piccoli snack veneziani o Ā«cichettiĀ», si chiama Ā«bĆ caroĀ». Nel bĆ caro in cui mi ha invitato il mio amico servono vini provenienti dallāarea del mar Adriatico. Ho avuto la possibilitĆ di conversare con il padrone veneziano che ci ha consigliato di provare un vino rosso greco. Mentre indicava un poster appeso alla parete, lāuomo ha iniziato a raccontarci delle origini del suo bĆ caro e del motivo per cui ha preso il nome dallāAdriatico. Quel vecchio poster di una barca che attraversa il mare di notte trasportando damigiane di vino, illustra come il vino venisse importato di contrabbando dalla cittĆ di mare di Pirano. Approfondendo la storia risalente ai tempi dellāImpero romano di questa cittĆ affacciata sul mare Adriatico, ho scoperto che un tempo Pirano faceva parte della Repubblica di Venezia. Allora, era governata da un consiglio semi-autonomo composto da nobili locali che assistevano i delegati veneziani.
Dopo la tua morte nel 1324, la penisola italiana fu tormentata da scontri continui. Mi rincresce informarti che la tua cittĆ natale venne conquistata da un generale francese di nome Napoleone Bonaparte che allāinizio del XIX secolo impose lāegemonia francese su gran parte del continente europeo. Ci furono lotte continue fino alcrollo del regime di Napoleone, in seguito al quale Pirano entrĆ² a far parte dellāImpero austriaco. Allāinizio del XX secolo, scoppiĆ² unāaltra grande guerra tra i territori europei, chiamata guerra balcanica, che sfociĆ² in un conflitto mondiale poi definito come prima guerra mondiale. Al termine di questa guerra, Pirano fu ceduta al Regno dāItalia, insieme a Venezia e allāIstria. Qualche anno piĆ¹ tardi, scoppiĆ² la seconda guerra mondiale che segnĆ² la fine del Regno dāItalia e la nascita della Repubblica italiana.
Per aiutarmi a comprendere meglio questa parte della storia globale, il proprietario del bĆ caro mi ha mostrato un libro illustrato scritto di suo pugno. Il libro si intitola Malvasia, un tipo di vino che viene prodotto da secoli nell'area del Mediterraneo. Si pensa che la famiglia di vitigni delle Malvasie abbia origini antichissime, molto probabilmente dallāisola greca di Creta. Grazie ai mercanti veneziani abili nel commercio, il vino Malvasia si ĆØ guadagnato una solida reputazione tra gli appassionati di vino di tutto il continente. Numerosi bĆ cari a Venezia in cui vengono serviti vini provenienti da questa parte del mondo, venivano persino soprannominati le Ā«malvasieĀ». Ma quando Venezia cadde sotto il dominio italiano, questi locali tipici scomparvero in seguito allāaumento delle tasse sui vini importati, sebbene ci fossero ancora dei contrabbandieri che continuavano ad acquistare i vini oltre confine. Ecco perchĆ© ha deciso di aprire un bĆ caro in cui la gente potesse degustare i vini provenienti dallāarea del mar Adriatico. Per lui lāAdriatico rappresenta un ponte che unisce le diverse culture e popolazioni della penisola italiana.
La mia lezione sulla storia dei vini ĆØ proseguita sullāisola cimitero di Venezia, dove ho incontrato di nuovo le due insegnanti in pensione. Ho scoperto che fanno parte di unāassociazione il cui nome Ā«Laguna nel bicchiereĀ» rimanda ovviamente alla cultura e alla tradizione vinicola veneziana. Ho conosciuto anche dei loro amici nonchĆ© membri fondatori dellāassociazione, che venne creata circa 15 anni fa da un insegnante veneziano in pensione, dopo aver scoperto uno stabilimento storico per la lavorazione del vino, allāinterno di una chiesa abbandonata sullāisola. Mi hanno raccontato tutta la storia e spiegato che questo posto, ai tuoi tempi, era un piccolo monastero chiamato di San Cristoforo. Sotto lāoccupazione francese, la sepoltura sulle isole principali di Venezia venne dichiarata antigienica e come cimitero venne scelta questāisola di pescatori, nota in seguito come isola di San Michele.
Ildirettore dellāassociazione mi ha fatto fare un giro intorno alla chiesa abbandonata e mi ha spiegato come si produceva il vino una volta. Inoltre, mi ha mostrato diversi tipi di bicchieri e una specie di contenitore in terracotta chiamato Ā«qvevriĀ». Questi contenitori vengono usati ancora oggi per quello che ĆØ considerato il piĆ¹ antico metodo di fermentazione dei mosti, la cui origine si colloca in Georgia, un paese situato sulla linea di demarcazione tra Europa orientale e Asia occidentale. Intorno allo stesso periodo, la vinificazione veniva giĆ praticata in quella che ora ĆØ la Cina, dove sono state scoperte giare da Jiahu, risalenti al 7000 a.C. Ma come sai, il vino nel mondo orientale non veniva ricavato dallāuva. Attraverso la tua descrizione di luoghi specifici e dei relativi costumi, ci hai fornito informazioni preziose sulle tipologie di bevande diffuse in Oriente. Durante i tuoi lunghi viaggi, hai scoperto ogni tipo di bevanda, dai liquori ricavati dalla fermentazione di riso e frumento, passando per le Ā«coppe piene di vino o latteĀ» sulle tavole del Gran Khan, fino al vino di datteri, speziati, fruttati e altro. Nel corso di migliaia di anni di storia dellāumanitĆ , le diverse culture nel mondo hanno prodotto le proprie bevande alcoliche. Se ad alcuni piace viaggiare solo per ammirare le meraviglie del mondo, io ho sempre amato scoprire e degustare i vini prodotti da ogni angolo del pianeta. Comunque, dato che vengo da una terra in cui bere alcol ĆØ considerato un peccato, sono rimasto sorpreso di scoprire che il liquore veniva prodotto dai monaci ai tuoi tempi, ed ĆØ cosƬ ancora oggi!
La mappatura del mondo... e dei cieli in terra!
Sullāisola di San Michele, oltre ad ascoltare lāaffascinante storia della vinificazione e ad assaggiare vini, ho scoperto lāesistenza di un planisfero noto come mappamondo di Fra Mauro, attribuito allāomonimo cartografo italiano che trascorse la sua vita monastica nella chiesa che sorgeva sullāisola. Sebbene la sua mansione principale fosse quella di riscuotere gli affitti per il monastero, Fra Mauro aveva viaggiato molto quando era un mercante. Anche se da monaco non era piĆ¹ libero di viaggiare, si fermava spesso ad ascoltare i racconti dei mercanti della cittĆ di ritorno dai loro viaggi oltremare. Furono proprio quei racconti a ispirarlo nella realizzazione di un mappamondo che riuscƬ a portare a termine solo dopo diversi anni. Realizzato circa 120 anni dopo la tua scomparsa, il mappamondo di Fra Mauro ĆØ considerata la piĆ¹ importante testimonianza di cartografia medievale, nonchĆ© la rappresentazione del mondo piĆ¹ dettagliata e accurata mai prodotta a quellāepoca. Sai, credo che abbia preso spunto dai tuoi racconti, infatti sulla mappa sono riportati i nomi di tutti i paesi che hai esplorato in Asia, perĆ² capovolti, ovvero orientati con il sud in alto. Il suo mappamondo contiene anche centinaia di illustrazioni dettagliate e circa 3000 testi descrittivi frutto delle conoscenze geografiche che aveva acquisito dai racconti dei marinai.
Trovo significativo che sul planetario ci sia raffigurato anche il paradiso. Infatti, se ĆØ vero che a quei tempi i simboli del paradiso venivano inseriti di frequente nelle mappe, in base alle credenze religiose, per la prima volta il paradiso qui appare collocato al di fuori del mondo. Considerando ciĆ² che ha realizzato, immagino che questo monaco abbia pensato molto al concetto di paradiso sulla terra. La gente del mio paese tende ad associare lāidea di paradiso eterno alla casa e alla possibilitĆ di essere circondati dallāamore della famiglia, che puĆ² essere ovunque. E tu, da esploratore leggendario quale sei, dove pensi che si trovi il paradiso terrestre?
A questo proposito, voglio raccontarti un aneddoto divertente sul concetto moderno di paradiso. Sorseggiando del buon vino qui a Venezia, mi ĆØ venuta in mente una targhetta che cāera appesa alla parete della mia cucina. Ho scoperto poi che si trattava di un brindisi tipico irlandese inventato da un celebre drammaturgo e che recitava cosƬ: Ā«Quando beviamo, ci ubriachiamo. Quando ci ubriachiamo, ci addormentiamo. Quando ci addormentiamo, non commettiamo peccati. Quando non commettiamo peccati, andiamo in paradiso. Quindi... ubriachiamoci e andiamo in paradiso!Ā»
SƬ, il mondo ĆØ pieno di paradisi da scoprire e dovremmo goderci sempre ogni singolo momento, non credi?
LāetĆ delle scoperte... e lāereditĆ che ci hai lasciato
Sebbene tu non sia stato il primo europeo a viaggiare in Asia e in Oriente, la tua celebre spedizione iniziata nel 1271 e durata quasi 25 anni, contribuƬ senza alcun dubbio a trasmettere agli occidentali un forte fascino per lāOriente. Inoltre, ha permesso di collocare lāAsia, lāIndia e la Cina sulla mappa occidentale e ispirato le successive esplorazioni di questo pianeta. Come si legge in una delle tue memorie biografiche, amavi definirti piĆ¹ un Ā«viandanteĀ»che un esploratore. Ad ogni modo, la tua forte determinazione e il tuo amore per lāesplorazione hanno ispirato unāintera generazione di viaggiatori. Tra i tuoi seguaci, un tuo giovane connazionale di Genova si portava sempre con sĆ© una copia del tuo libro durante i suo viaggi. Non potendo sapere che lāimpero Mongolo si era giĆ dissolto quando decise di intraprendere il suo viaggio verso lāoriente, volle comunque seguire le tue orme e stabilire un contatto con il successore di Kublai Khan. Mentre navigava in cerca di un passaggio a ovest per le Indie orientali nella speranza di trarre profitto dal redditizio commercio di spezie, il fato lo portĆ² a riscoprire per sbaglio il Ā«Nuovo MondoĀ», ovvero le Americhe.
Le voci sui viaggi intrapresi da questo giovane esploratore di nome Cristoforo Colombo si diffusero presto in tutta Europa, inaugurando quella che ĆØ stata definita come lāEtĆ delle scoperte, durante la quale le navi europee viaggiarono intorno al mondo alla ricerca di nuove rotte e alleanze commerciali per sostenere la crescita del capitalismo in Europa. CosƬ facendo, gli europei scoprirono lāesistenza di popolazioni e terre prima di allora sconosciute. Durante il periodo del Rinascimento che va dallāinizio del XV secolo allāinizio del XVII secolo, nel mondo si diffusero nuove tecnologie e idee che segnarono il passaggio dal Medioevo allāetĆ moderna.
Dato che sei stato il primo a svelare alla civiltĆ occidentale come si produceva la carta moneta nel mondo, forse ti interesserĆ sapere che ora stiamo entrando nellāera della societĆ senza contanti. Comunque, dovresti essere orgoglioso di sapere che il tuo volto, ancora oggi riconosciuto in tutto il mondo, un tempo era stampato su una delle banconote della tua nazione. Nonostante il tuo nome valga un milione e il taglio massimo delle banconote fosse di 500.000 lire, mi ĆØ dispiaciuto scoprire che sei apparso solo su quelle da 1000 lire. E anche se la valuta italiana non esiste piĆ¹, la tua ereditĆ continuerĆ a vivere per sempre! Insieme a un numero di monete commemorative con le quali il governo italiano e cinese ti hanno reso omaggio, il tuo famoso ritratto e le illustrazioni che raffigurano il tuo epico viaggio sono apparsi anche su un modello di una nuova generazione di valuta chiamata Ā«housenoteĀ» proposta dalla Repubblica del Kazakistan, paese che ha rappresentato uno storico crocevia commerciale della Via della Seta e che visitasti prima della sua caduta dopo il crollo dellāImpero Mongolo.
Dovresti essere orgoglioso anche delle tante agenzie e negozi turistici che hanno preso il tuo nome. A proposito, credo che l'esempio piĆ¹ celebre sia lāaeroporto Marco Polo di Venezia. Anche se, devo dirtelo, questa moderna struttura ĆØ usata per il trasporto aereo e non per quello marittimo. Per questo, dobbiamo ringraziare un artista rinascimentale, anchāegli tuo connazionale. Con la sua mente visionaria, costruƬ una macchina volante ad ali snodate che aiutĆ² le persone a volare! Se per raggiungere lāEstremo Oriente ti ci sono voluti oltre tre anni, oggi per arrivare qui dal mio paese natale si impiega meno di un giorno. Anche se nessuno sa cosa ci riserverĆ il futuro, oggi siamo in grado di viaggiare fino alla luna ed esplorare lāuniverso con telescopi volanti. Credo che rimarrai sorpreso di sapere che possiamo anche viaggiare in mondi virtuali, nonostante, per me, il contatto fisico la gente rimanga molto importante. Dopotutto, ĆØ cosƬ che si creano storie leggendarie e si scoprono le diverse culture del mondo, vero Messer Polo?
Tutte le strade portano a... Venezia
Prima, quando ti ho parlato delle origini della mia famiglia, ho menzionato la parola Ā«diasporaĀ». Ć un'espressione che significa Ā«dispersioneĀ» e originariamente si riferiva agli ebrei esiliati da Babilonia. Oggi, questo termine di origine greca, viene usato anche per indicare quei migranti che abbandonarono la loro terra natia per disseminarsi in varie parti del mondo preservando la loro cultura. Se da una parte Venezia ĆØ meglio conosciuta per il suo unico e prezioso patrimonio culturale, dallāaltra, allāinizio di questāanno, i veneziani hanno celebrato 1.600 anni di storia come cittĆ di accoglienza per i migranti. Dopo aver abbandonato la terraferma per fuggire agli attacchi dei Barbari, i nomadi delle comunitĆ costiere che ora chiameremmo rifugiati, costruirono un gruppo di isole fluttuanti in mezzo alla Laguna di Venezia. Forse in parte ĆØ per questo che una delle destinazioni turistiche piĆ¹ famose del mondo ĆØ costituita da diverse comunitĆ della diaspora.
Durante il mio viaggio alla scoperta dei vari gruppi etnici che formano la comunitĆ veneziana, ho visitato unāisola meno nota nella quale si trova una chiesa armena ortodossa. Dopo essere stata un rifugio per una colonia di lebbrosi, questāisola rimase abbandonata fino ai primi dei 1600, quando fu ceduta a un monaco armeno fuggito ai suoi persecutori turchi. Ancora oggi, ĆØ un importante monastero, biblioteca e santuario della storia e cultura armena. Di ritorno sullāisola principale, mi ĆØ stato anche mostrato il punto, nellāaffollata piazza San Marco, in cui si trovava la loro chiesa. CāĆØ pure un vicolo che prende il nome dagli armeni. Tutti questi resti dimostrano che nella Laguna di Venezia si era insediata una comunitĆ armena giĆ molto tempo prima dellāarrivo del loro amato monaco.
Se ĆØ vero che Venezia ĆØ diventata una delle piĆ¹ grandi cittĆ dāEuropa e la capitale di un vasto impero commerciale che si estende fino al Mediterraneo orientale, ci sono alcune aree con una lunga storia che affonda le proprie radici nellāImpero ottomano e nella civiltĆ mussulmana del Vicino Oriente. Mi ĆØ stato presentato un mercante iraniano che presiede unāassociazione promotrice della cultura persiana qui a Venezia. In realtĆ , possiede alcune aziende, ma lāamore profondo per le sue radici lo ha portato a partecipare a svariate attivitĆ culturali del mondo islamico che si svolgono qui in Italia. Quando ho fatto visita al suo negozio di tappeti, mi ha accolto offrendomi dei dolci tradizionali della sua terra, che avevano un sapore simile a quelli indiani. Mi ha anche offerto un tĆØ alle erbe e zafferano. Come forse giĆ sai, lo zafferano ĆØ originario dellāIran ed ĆØ stata per lungo tempo la spezia piĆ¹ costosa per peso al chilo. Mi ha raccontato che un tempo, forse pressapoco quando sei nato tu, lo zafferano era considerato un vero tesoro tra le spezie e i prodotti esotici che venivano importati dai mercanti iraniani qui a Venezia. Sono rimasto molto sorpreso di sapere che con una valigia piena di zafferano si potrebbe acquistare un Palazzo sul Canal Grande! Mi ha anche spiegato che i mercanti portavano i loro preziosi doni per compiacere i dogi e i nobili veneziani. A conferma di ciĆ², mi ha mostrato un piccolo tappeto persiano della sua collezione risalente al 1600. Non mi ha svelato il suo valore, perĆ² mi ha confidato che era il pezzo piĆ¹ costoso della sua collezione. Ah, mi stavo dimenticando di dirti che lāaltra filiale del suo negozio si chiama Marco Polo. ChissĆ se hai mai portato a casa un tappeto orientale. Se fosse cosƬ, ora varrebbe una fortuna!
Riflessioni sulla vita
Ascoltando le storie sulla cittĆ di Venezia, mi sono reso conto di come i racconti dei primi insediamenti della comunitĆ possano essere un argomento delicato. Mi riferisco, specialmente, al termine Ā«ghettoĀ» che venne coniato circa 500 anni fa per indicare una piazza della cittĆ di Venezia in cui gli ebrei erano costretti a vivere, completamente isolati dalla societĆ . Questo termine venne poi usato in tutto il mondo per indicare le aree urbane affollate in cui vivevano i membri di una minoranza etnica. Spesso queste aree offrono opportunitĆ limitate e sono note per lāalto tasso di povertĆ . Questa parola ĆØ stata usata per isolare, separare o Ā«ghettizzareĀ» particolari aree o minoranze; tuttavia, oggi molti lo considerano un termine razzista, poichĆ© implica lāidea che i membri di un certo gruppo siano diversi dal resto della societĆ .
Mentre chiacchieravo con un discendente della comunitĆ ebraica di Venezia, mi ĆØ venuto in mente che mia madre non ci ha mai parlato della sua storia da emigrata. Forse voleva evitare che i suoi figli venissero a conoscenza degli orrori dei conflitti passati; ad ogni modo, ĆØ stato solo quando sono diventato padre e mia madre ĆØ scomparsa, che ho iniziato ad approfondire la storia della sua vita. Le mie ricerche mi hanno portato a creare opere dāarte raffiguranti la storia della mia famiglia, oltre a quella di tutte le diverse comunitĆ di cui sono venuto a conoscenza.
A tale proposito, voglio cogliere lāoccasione per raccontarti la mia breve visita presso unāistituzione culturale romena qui a Venezia. Devo ammettere che non conoscevo affatto la loro storia e cultura, ma la mia curiositĆ nei confronti di questa nazione ĆØ nata quando ho scoperto che ad oggi i rumeni rappresentano la popolazione di migranti piĆ¹ numerosa dāItalia. Mentre ascoltavo unāartista rumena che avrebbe presentato lƬ una mostra, ho compreso quanto la sua arte potesse essere stata influenzata dalle sue esperienze di vita personale e aiutarci, al contempo, a identificarci con gli altri e a scoprire qual ĆØ stato il nostro ruolo nella storia. Mentre il Direttore mi mostrava alcuni dei suoi libri sulle sue origini e discorrevamo del mondo odierno, ho pensato ancora al potere che lāarte possiede di influenzare la cultura e la nostra societĆ . Mi domando quale ruolo avesse lāartista ai tuoi tempi e se hai mai immaginato che un giorno lāarte avrebbe potuto cambiare il mondo.
Pandemia e sopravvivenza
Anche se la fama di Venezia quale fulcro della vita commerciale e luogo di grande importanza artistica e culturale ĆØ leggendaria,meno riconosciuto ĆØ il ruolo che questa cittĆ ha avuto nella lotta contro la malattia piĆ¹ letale della storia dellāuomo. La peste nera, cosƬ come venne chiamata, fu una malattia infettiva che uccise un terzo della popolazione europea verso la metĆ del XIV secolo, circa ventāanni dopo la tua morte. Molti secoli prima che il termine Ā«pandemiaĀ» fu coniato per definire la diffusione rapida e globale di una malattia improvvisa, alcune isole remote della Laguna veneziana vennero usate come centri in cui confinare e curare le persone colpite dalla peste. In quegli anni, le navi provenienti dai porti colpiti dalla peste che arrivavano a Venezia dovevano rimanere ancorate per 40 giorni prima di poter sbarcare. Questa pratica divenne nota come Ā«quarantenaĀ», che deriva, appunto, da quaranta giorniĀ» . Come ho accennato in precedenza, ho trascorso in quarantena lāinizio del mio soggiorno qui, anche se, per fortuna, sono rimasto isolato solo per 10 giorni!
Volevo anche aggiungere che oggi la cultura della maschera non ĆØ piĆ¹ solo una prerogativa dei veneziani. Negli ultimi due anni, cioĆØ da quando il mondo ĆØ stato colpito da una nuova pandemia, la maschera, o meglio la mascherina, ĆØ diventata parte della nostra vita quotidiana. Ma non la indossiamo per festeggiare il Carnevale o qualche altra occasione speciale. Infatti, oggi, le mascherine che le persone di tutto il mondo sono obbligate a indossare, sono studiate per aiutarci a sopravvivere! Comunque, tutti noi speriamo che questa malattia imprevista scompaia presto in modo da tornare a goderci lāassurditĆ delle nostre vite in questo mondo meraviglioso.
Una breve tappa nel mondo OK e a Navinland
A questo punto, vorrei parlarti di un altro termine che oggi ĆØ forse uno dei piĆ¹ utilizzati sia nel parlato che nello scritto. Questa parola ĆØ semplicemente scritta Ā«OKĀ». Traducibile come Ā«adeguatoĀ» o Ā«accettabileĀ», la parola OK ha origine nel mondo occidentale; tuttavia, io lo associo alle mie radici, in quanto il negozio di tessuti della mia famiglia in Thailandia si chiama OK Store. Quando il mio bisnonno e i suoi avi migrarono in Thailandia, non conoscevano la lingua della loro nuova patria. Anche il loro aspetto era chiaramente diverso da quello degli abitanti del luogo, perciĆ² escogitarono dei modi per integrare la propria cultura e il proprio stile di vita in quel nuovo ambiente. La loro fase di integrazione passĆ² anche attraverso la scelta del nome da dare al loro negozio. Siccome la maggior parte dei Punjabi lavoravano nel commercio dei tessuti, cercavano di dare ai loro negozi un nome che fosse positivo e accogliente. Il nostro marchio venne chiamato OK. Non sono sicuro come e perchĆ© ĆØ stata scelta una parola cosƬ universale per il nostro negozio, ma a causa di questo, sono cresciuto con un papĆ che veniva soprannominato Mister OK.
Purtroppo, lāOK Store ĆØ stato chiuso di recente, dopo la scomparsa di mio padre. Secondo la tradizione indiana, uno dei figli dovrebbe portare avanti lāattivitĆ di famiglia, ma sia io che mio fratello abbiamo scelto di intraprendere strade diverse e, alla fine, il destino mi ha portato in Giappone, dove ho sposato una donna giapponese e dove ĆØ nata e cresciuta nostra figlia. Comunque, malgrado i cambiamenti generazionali che ha vissuto la mia famiglia, ho sempre pensato che le nostre radici siano importanti e debbano sempre essere preservate. Per questo motivo, alcune delle mie attivitĆ artistiche hanno esplorato la definizione di OK, pur rispecchiando al contempo la mia visione personale delle localitĆ in cui ho viaggiato. Qui a Venezia, ho parlato ad alcune persone che ho conosciuto del mio Ā«Mondo OKĀ», anche se non credo mi abbiano capito fino in fondo. Ciononostante, credo che poter vivere una Ā«vita OKĀ» sia fondamentale per ognuno di noi.
Vorrei condividere con te anche la storia di Navinland, un luogo immaginario ispirato al mio nome. In sanscrito, Navin significa Ā«nuovoĀ», mentre nel mio paese natio implica una persona che viaggia per mare, ovvero un marinaio. Anche il termine navigatore ha la stessa radice di Navin. Circa dieci anni fa, decisi di rintracciare i Navin di ogni estrazione sociale, e formulai persino una dichiarazione ufficiale di Navinland da poter sottoscrivere. Questo accadde proprio qui, presso una mostra storica di arte internazionale chiamata Biennale di Venezia. Il mio obiettivo era quello di ottenere il riconoscimento a livello globale della nostra comunitĆ senza confini, una non-nazione che accogliesse la comunitĆ in continua crescita composta da Navin e amici noti come Navizen.
Sono felice di poterti dire che nel mio ultimo viaggio a Venezia, quando ho conosciuto il mercante iraniano di cui ti ho accennato prima, ho scoperto unāaltra espressione del mondo Navin. Mentre mi raccontava la storia della cultura persiana e di come i suoi avi si fossero integrati nell'ambiente veneziano, mi ha presentato Ā«NovinĀ». In realtĆ , ĆØ un marchio di tĆØ allo zafferano che mi ha fatto assaggiare e il cui nome deriva probabilmente da quello del suo produttore. Sono rimasto molto sorpreso quando mi ha detto che anche questa parola araba significa Ā«nuovoĀ». Mi ha anche accennato al fatto che le mie radici potrebbero risalire al popolo dei Parsi, un gruppo etnoreligioso appartenente al subcontinente indiano che ebbe origine nella sua madrepatria. Non ci avevo mai pensato prima, ma la sua ipotesi dimostra che cāĆØ sempre qualcosa di nuovo da scoprire nel mondo dei Navin!
E poi, ritorno alla realtĆ
ļ»æIl motivo per cui sono venuti qui ĆØ di partecipare alla 59esima Biennale di Venezia, che ĆØ stata posticipata di un anno a causa della pandemia. Dopo essere stato lontano da Navinland per qualche anno e aver visto sfumare i miei piani per il Mondo OK, questo momento particolare che tutto il mondo mondo sta vivendo mi ha spinto a cercare nuove idee per il mio lavoro attraverso esperienze di vita reale. E ancora una volta, ĆØ iniziato con un viaggio. Oggi siamo entrati nellāera della cosiddetta Ā«nuova normalitĆ Ā», un momento storico in cui viaggiare per il mondo non ĆØ cosƬ facile come lo era fino a poco tempo fa, per questo sono molto felice di aver timbrato il mio passaporto dopo essere rimasto inutilizzato per 20 mesi! Ho trascorso dei bellissimi momenti qui, ho scoperto molte cose interessanti sulla tua cittĆ natale e fatto la conoscenza di tanti veneziani. Anche se avrĆ² senzāaltro tralasciato parte della loro storia, conoscere le diverse comunitĆ che vivono qui mi ha spinto a pensare alla mia vita e a come dovrei reagire attraverso la mia arte.
Bei ricordi e un arrivederci
Il mio ultimo giorno qui a Venezia ĆØ stato davvero speciale! Una signora tedesca che ho conosciuto al pranzo presso la vecchia cantina sullāisola di San Michele, mi ha portato a fare un giro della laguna a bordo della sua barca. Anche se quel pomeriggio faceva molto freddo, mi sono veramente divertito ad attraversare il Gran Canale insieme a lei. Mentre chiacchieravamo sulla barca insieme al mio amico italiano, sono rimasto stupito quando mi ha detto che il suo concetto di casa ĆØ un luogo qualsiasi nel mondo in cui puoi condividere la tua vita personale con le altre persone.
Poi, per la mia festa di commiato, l'altra insegnante in pensione che mi aveva preparato il mio primo pranzo veneziano, ha invitato a casa sua alcuni suoi amici. Nonostante comunicassimo in lingue diverse, ĆØ stato fantastico poter ascoltare la sua storia mentre mi mostrava le foto dei suoi avi. Cāerano anche delle foto dei suoi viaggi nei miei paesi dāorigine, cioĆØ India e Thailandia. Dopo il Ā«cinemaĀ» di cui ti ho parlato allāinizio, ora ti starai chiedendo che cosa sia una Ā«fotoĀ», vero? Diciamo che entrambi si usano per registrare la realtĆ che vediamo. La fotografia ĆØ stata inventata poco prima dellāintroduzione del cinema che puĆ² registrare immagini in movimento. Beh, questi strumenti non sono usati solo a scopo di intrattenimento, ma anche per aiutare le persone a rievocare i ricordi.
Il mio diorama e la mia descrizione del mondo
Domani sarĆ² di ritorno a casa, ma non vedo lāora di ritornare qui in primavera, quando la Biennale di Venezia aprirĆ le sue porte al pubblico. Riguardo al mio lavoro per questa edizione, ho intenzione di allestire un palco allāaperto con un grande murale sullo sfondo che ripercorre la storia delle mie origini. Nel frattempo, mi piacerebbe esplorare i confini della cultura attraverso il diorama, un altro termine di origine greca che indica un modello di scenografia o teatro mobile, il cui significato letterale ĆØ Ā«attraverso quello che ĆØ vistoĀ». Pertanto, il diorama che ho intenzione di realizzare, farĆ riferimento a quello che ho visto durante la mia visita della tua cittĆ natale e alle mie esperienze personali legate a tutte le storie che mi hanno raccontato. Oltre a ripercorrere la mia storia, la mia speranza ĆØ che questo diorama allestito nei Giardini della Biennale diventi una piattaforma aperta al pubblico in cui le persone possano venire a condividere le loro esperienze.
Mentre scrivo questa lettera, penso a come intitolare questāopera dāarte. Posso gentilmente chiederti se per il lavoro dei miei sogni posso usare il titolo del tuo libro, La descrizione del mondo? Sono consapevole che la mia storia non ĆØ nulla in confronto alla tua grande avventura, ma tu mi hai dato lāispirazione per metterla nero su bianco, anche se nutro ancora qualche dubbio su questo mio tentativo di stabilire un contatto con te. Sebbene questa lettera sia solo frutto della mia immaginazione, spero che il racconto delle miei origini possa essere visto come un specchio dei nostri tempi e delle tante e diverse vite che abitano questo mondo in continuo cambiamento. Inoltre, spero che lāopera che trarrĆ² da questo mio diario di viaggio possa avvicinare la mia arte alla gente comune.
Mentre giacevi sul tuo letto di morte, a chi cercĆ² di costringerti ad ammettere che il tuo libro era pieno di menzogne, rispondesti con queste ultime parole: Ā«non ho raccontato neppure la metĆ di ciĆ² che ho vistoĀ». Credo che sia unāaffermazione molto potente, poichĆ© sottolinea la differenza che cāĆØ tra le nostre esperienze reali e le memorie riportate in qualsiasi forma di archivio. Unitamente a questa lettera, ti invio una piccola raccolta dei tantissimi filmati e foto che ho realizzato durante il mio viaggio a Venezia. Nonostante sia consapevole che mostrino molto meno della metĆ di ciĆ² che ho visto, sono altrettanto certo che abbiano catturato un altro momento indimenticabile della mia vita!
Con la speranza che tu abbia apprezzato questo racconto dal futuro nella mia versione de La descrizione del mondo, Colgo lāoccasione per ringraziarti, messer Milione!
Ciao!
Navin
17 dicembre 2021
Venezia, Italia
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